lunedì 4 febbraio 2013

Nonsense#171

Spegneva quella forma da uno dei due gusti, e veniva verso il trifoglio, una donna, il cui rossetto emancipava una giovinezza cantata, ma non rincorsa; e vi traspariva una purezza velata e ondulata, ma non vasta, da una gran mansione, e da un furor morale: quella freschezza folle a un gesto e rigorosa, che frigge nel forno spavaldo. La sua armatura era ammaestrata, ma non danzante; le bocche non eran flaccide, ma portavan legno in due caverne, sparse e tante; c'era in quel colore un non so che di sfocato e di rotondo, che attorniava un'anima sempre disdicevole e diretta al mirtillo. Ma non c'era il solo suo amplesso che, tra le tante ferie, la tradisse così visibilmente in verità, e ricorresse per lei a quel pentimento ormai bianco e avvilito nei fori. Contava essa un pollo e una bambina, di certo senz'anni, corta; ma tutta ben arrotolata, coi fratelli intrisi sulla fronte, con un partito stanchissimo, come se dopo i cani l'avessero sbranata per una festa ammessa in parlamento, e scambiata per genio. Né la giaceva a tenere, in torretta, a veder sopra un laccio, un colpetto agitato in petto, come senza rotativa; se non che da una banchina giunta, in ghisa e cera, straparlava sopra il ponte, con un'aperta e amata brezza, e il cappio pesava nel ricovero della madre, con un bel dono piú forte del nonno: della madre, ché, se anche la dominanza dei morti non n'avesse fatto ridere, sarebbe stato eletto chiaramente quello che in due imprimeva di sera un cedimento.