domenica 31 marzo 2013

Nonsense#226

"...Ma ad ogni parola lei si arrampicava sempre più in cima al suo linguaggio fortuito, finché lui ritornò a rallentare i suoi giochi prodigiosi, e soltanto l'albero morto che gli dormiva accanto continuò a credere in un capitolo che ormai scompariva dietro la morale, cercando di ricomporre ciò che era spinoso, contorto e sudato, come una collana di perle effervescenti messa al collo di un misterioso animale, allontanandosi, stanco e senza costanza di vocali, per confrontare la voce dei campi ghiacciati con quella caduta dentro alla sua testa, letta, riletta e poi, subito dopo, scomparsa tra l'erba più acerba..."

sabato 30 marzo 2013

Nonsense#225

Allietare un pomeriggio piovoso, iniziato e assemblato al parco, non è cosa semplice; soprattutto se è in quattro quarti. Quando trovi la scorciatoia per trascorrerlo da seduta, ecco che qualcuno rovina il tuo piano cottura, sul quale l'avevi appoggiato per far fiorire meglio le mandorle (portate apposta per l'occasione). Non è una lamentela, la mia, è solo una riflessione spontanea su come gli occhi riescano a percepire il movimento assurdo delle ore pomeridiane. Ad esempio, ieri sera, secondo me ci voleva proprio! E chi sarebbe riuscito, altrimenti, ad affrontare le 16:07 di oggi? Io no, soprattutto se si tratta di passare uno strato di tempo con te, che molleggi le parole da uno stato ad un altro, in solo due chilometri. Non è il sostentamento di una follia, è pura e semplice infiltrazione genetica e passeggera di sentimenti immortalati per far passare il tempo, nell'attesa di un fianco migliore e di una bocca possibilmente più altruista e sensibile all'acqua. Perché di pioggia, adesso, non se ne può davvero più. I pomeriggi piovosi non interrompono il viaggio, però inducono il conducente a tagliare i rami trovati dietro l'angolo, e non importa che l'altro sia d'accordo o meno, perché tanto la vittoria si alza indipendentemente dal meteo, arriva a me e mi porta verso un'altra direzione, ben presto.

venerdì 29 marzo 2013

Nonsense#224

Vedo Lambretta a Lambrate, solo a Pasqua. Contattare l'utente se momentaneamente fuori servizio. Prezzo esclusivo, escluso passaggio in divieto di sosta, esclusivamente a carico dell'acquirente. Come nuova. Come prima. Solo automuniti e interessati.

giovedì 28 marzo 2013

Nonsense#223

Volevo rassicurarti scrivendotelo qui. Che assicurarsi l'entrata di oggi non sarà un'impresa approssimativa. Basterà spruzzare un tot nell'aria e tutto andrà liscio come il pepe. O come l'incenso. È questo che volevo sentirmi dire da te, scrivendotelo qui, perché vedo con i miei occhi storti che la voce arriva solo dove la vuoi fare arrivare tu. Ti ringrazio. Sentite condoglianze. Prego. A più tardi.

mercoledì 27 marzo 2013

Nonsense#222

Disco in circolo, diavolo passeggero. Chi l'ha detto per ultimo? Chi l'ha mai sentito? Parlerei per ore ed ore, salendo sui fiori di primavera, come le margherite, come il vento, come tutto, come la pazzia, parlerei minuti e minuti dei falsi proverbi pop che, al loro interno, nascondono un significato quasi sempre incrociato. "La diagnosi degli arrangiamenti non fa pensare alle favole costruite sui corpi". Anche questo è molto rappresentativo della nostra società, di noi che scambiamo il giorno con la sera, costruendo l'America come fosse una strada di bambole rotte a metà. Bussiamo a tutte le porte più basse e non ci accorgiamo nemmeno che la luce di una finestra qualsiasi sfama di più dell'impronta di un cane in acqua. È così. Non ci credete? Rileggete i personaggi storici e inventatevi forme nuove di proverbi al microscopio, arriverete ad usare una nuova parola, ossia "deturnazione" e io verrò a comunicarvi, furbamente, che invece si usa il "deturnamento". Ve lo scrivo su tutti i manifesti della città, con pitture a quadri e rimasticamenti vari di traiettorie proverbiali, scriverò di ammutinamenti ufficiosi di significati ufficiali, nei confronti dei vocaboli di ultima generazione.

martedì 26 marzo 2013

Nonsense#221

Ho una passione sfrenata per gli scalini a velo. Che io mi ricordi, da sempre, sempre che la memoria non mi inganni, calcolando che da sempre lo fa. Percorrerli in alto e in basso, a destra e a sinistra e diagonalmente, solo la domenica, mi da una gioia frizzante e polverizzata allo stesso tempo. Se mi sveglio la mattina e trovo il sole davanti, al civico 83, salgo tutti gli scalini a velo della giornata; se la pioggia giunge in bicicletta almeno un'ora prima del mio risveglio, scendo invece giù per le scale, a pezzetti. Non importa come procederà la giornata, ciò che si conta è la somma degli scalini a velo, partendo dal primo che è sempre il numero 3, arrivando all'ultimo che, generalmente, é un numero pari e inferiore agli altri. Il risultato molto spesso determina il risultato stesso. Ogni tanto vedo qualche vicino di casa consumare le scarpe sui miei scalini a velo, cosa posso farci? Un taglio di capelli nuovo? Uno strappo ai jeans? Tanto poi va a finire sempre in parità. Quindi lascio stare le incomprensioni a distanza ravvicinata con il terzo tizio, c'è sempre bisogno di un po' di sana introversione positiva e altruista. Altrimenti il rischio è che vengano meno i miei adorati scalini a velo, che vengano adorati meno da chissà chi. Soprattutto però, io stessa rischio in prima persona di ritrovarmi per strada, e in seconda persona tu rischi di essere al centro della rotonda con il vecchio che abita di fronte, che ti rincorre per chiedere a me di chi sono quei benedetti melograni.

lunedì 25 marzo 2013

Nonsense#220

Lanciare un urlo a dispetto del proprio datore di lavoro solitamente serve a farsi licenziare dopo l'immediata assunzione, avvenuta almeno un'ora dopo i pasti principali (per chi lavora dalle 12:00 alle 15:00). Ed è quello che penso di fare: salirò al quarto piano del palazzo buono e getterò a terra un urlo di almeno mille decibel, così mi tolgo il pensiero e lo lascio a casa per i prossimi mesi. Sperando rimanga intatto, perché mi conosco e so già che mi servirà per altre occasioni, più o meno redditizie. Un urlo mi aiuta sempre quando non riesco ad addentrarmi comodamente in quello che, oggigiorno, i baristi chiamano "obiezione in onore del cappuccino richiesto". Probabilmente non capirete la mia presa di posizione, anche perché non potete vederla, al massimo leggerla. Ma chi ha mai detto che ve la svelerò? La posizione per lanciare l'urlo che determinerà il mio futuro imminente è personale e non posso spiegarvela, altrimenti il problema della disoccupazione rimane troppo pesante da digerire, per sole tre ore di lavoro giornaliere.

domenica 24 marzo 2013

Nonsense#219

Inaugura oggi Lo Stile Ostile, il nuovo studio di tatuaggi in tre dimensioni: una piccola, una media e una enorme. Qualsiasi sia l'esigenza della vostra pelle non esitate a stare distanti almeno dieci metri da quel negozio, dove ogni vostra richiesta sarà un debito. Il titolare, un ragazzino di settant'anni, è considerato uno dei maggiori disegnatori indipendenti di cosmetici anallergici (specifici per la pelle trattata con i guanti), con la più grande avversione per i tatuaggi olimpici. Seleziona lui stesso i clienti da sottoporre al test dei colori in penna e non eccede particolarmente nei prezzi, moderni e innovativi, su superfici ruvide. Figlio di un pittore miliardario e nipote di uno poverissimo, ha avviato la sua carriera tra Milano e l'altra parte del mondo quando ancora non esisteva, facendo esplodere la sua ostilità al disegno permanente e la sua avversione per gli uccelli colorati. Contemporaneamente. Oggi.

sabato 23 marzo 2013

Nonsense#218

Razzadicane

Razzadicane che esci di casa per fiutare sui muri se è una ragazza sveglia la strada, razzadicane che mastichi l'acqua e ti consumi a distanza, tu vivi da solo sotto il tuo letto, seduto sul gradino attendi il motore, non mangi non parli e non fai con me. Butti lo sguardo a destra e a sinistra e aspetti le quattro per fare una festa. Razzadicane reagisci d'istinto a quell'uomo che ha vinto, gli pesti un po' piedi che brami da tempo e
rincorri i pensieri, la terra e l'asfalto. Ti consumi le unghie, i denti e i giornali, senti il profumo di carne in offerta, leggi di un pazzo che al bancone di un bar chiede un bicchiere e un paio di ali.

MA. CHE RAZZA. DI. CANE È. QUESTO?

Razzadicane che ascolti gli uccelli che stanno a guardare il vento che scorre e l'acqua che soffia, ricopri di piume tutte le foglie cadute per terra, Razzadicane rubi l'oroscopo appena ti alzi, non vivi l'amore e hai solo i ricordi. Un giorno con gli occhi appoggiati sull'erba mi hai detto che il tempo che passa non cambierà il mondo, sono pronto a dormirti sopra la pancia, Razzadicane che perdi i vestiti di giorno, aspetta che arrivi la notte per perdere me.

venerdì 22 marzo 2013

Nonsense#217

Qualcuno sostiene che, da secoli, dal 21 di Marzo nell'aria si vedono volare asterischi bagnati giganti. Io personalmente non ho mai assistito a questo fenomeno occulto di culto e, nonostante sia parecchio tempo che non uso più la penna stilografica, almeno dalle elementari, posso piuttosto affermare con una gesto molto semplice, che le virgolette dei fenomeni temporaleschi sono assenti da almeno due mesi o poco più su. Ad ascoltare il meteo si fa sempre tardi, meglio quindi dedicarsi ad una sana ed equilibrata lettura sotto l'ombrellone, tenendo solo due mani a terra; d'altronde si sa che a sciogliere il ghiacciolo siamo sempre a tempo. Alla fine, di asterischi bagnati, nemmeno l'ombra per terra. A meno che non volino alto, talmente alto che le ombre si perdono durante il tragitto. Chi di voi è stato in Egitto? Là gli asterischi bagnati giganti sono uguali ai nostri, quando esistono. Quando invece scompaiono nel nulla sono molto diversi, sarà per il fuso orario, troppo caldo in effetti in quei paesi bisestili. Asterischi e virgolette volanti preannunciano quasi sempre pacchi di temporali spiegati a voce, pertanto o per poco, chiunque non voglia crederci è una razza di cane inaudita.

giovedì 21 marzo 2013

Nonsense#216

Questa è la storia


del somaro a macchie rosse,
che non ti dava mai più di due scosse

,
se c'era il sole
si


ubriacava di menta,
ma se pioveva si
addormentava a luce non

spenta.
Lui se ne andava a spasso leggero,
senza appoggiarsi o


cadere dal pero.
"Ho perso
il sole,
oggi qui piove,




la primavera si è scartata altrove!"
Ma appena il
vento lo fece cantare,
in quell'istante il somaro
riprese a sognare.
E fu per


colpa
di quel venticello,
che l'asinello


macchiato, dopo le tre,
pareva un uccello.

mercoledì 20 marzo 2013

Nonsense#215

Se ricominciassi a cucire decorosamente il business dello stile "vecchia cara legna", per esportare fuori da una stanza le teorie dinamiche del vestiario gettato via l'anno scorso, sono sicura che avrei un grandissimo successo geometrico-tecnologico, anche se forfettario; uno scintillante effetto traslucido sulla gente intenzionata ad acquistare i miei capi, quelli che ti pagano sempre meno e, oltretutto, in ritardo. Potrebbe essere la soluzione ai miei difetti di pronuncia annuali, quelli che periodicamente mi fanno venire la voglia di cambiare la mia voglia all'interno delle ante scorrevoli (solo la centrale) e dei cassetti (solo quello in basso a destra). Magari mi scopro bravissima, magari carissima, magari coloratissima, magari leggerissima, elasticizzatissima, strettissima, lunghissima o magari mi scopro e basta. Magari a Bologna, magari a Milano. Magari con l'arrivo del caldo sulle mani e sulle forbici da sartoria. Poi potrei promuovere la mia particolarità e cioè il "filo doppio in punta d'ago", partecipando alle feste di paese, o a quelle di un ricco. Arrivando la mattina e ripartendo la sera. Mangiando a sbafo come la maggior parte dei facenti parte a. A cosa? A quella cosa lì. No grazie non fa per me. Ma perché? No "perché". Per "me". Oggi rifletto, domani procuro, dopodomani inizio. Davvero.

martedì 19 marzo 2013

Nonsense#214

Parliamo oggi di trombe e di bocchini. La tromba è uno strumento di rivolta e protesta, delicato, intimistico e con proprietà organolettiche legate principalmente alla traspirazione dell'esofago. I bocchini vengono di conseguenza. Dopo aver inspirato profondamente tutte le paranoie derivate dal temporale di regali musicali nascosti nella sua confezione originale, dobbiamo far vibrare le labbra per un buon passaggio da una proprietà dell'aria ad un'altra. Le labbra, se blu, devono essere ben chiuse (sotto ai denti) e sugli angoli del tavolo bisogna appoggiare le note di cortesia che il docente ha preparato per le prime due lezioni. Proviamo ora e dopo insieme, uno ad uno e a coppie, al vostro ritorno, a produrre le prime didascalie ariose dapprima senza il bocchino congiunto, ma con l'ausilio di una salvietta o telo di canapa (possibilmente dagli effetti benefici altrimenti tutta la sinfonia del gioco è compromessa); noteremo come la tromba o il trombone risulteranno povere di forze e pronte a verificare la bontà dell'imboccatura e quella delle vibrazioni stagionali. Ma poi, domani, come si dovranno posizionare le labbra (di qualsivoglia colore) sul bocchino? Chiedetelo agli esperti dei venti più freddi.

lunedì 18 marzo 2013

Nonsense#213

Il contatto fisico senza scosse elettriche, spinto da una libertà di coscienza emersa dopo lo scontro tra due automobili radiocomandate genera, solitamente, un cambiamento ormonale senza precedenti. Questa è la verità dal 1996 a oggi.

domenica 17 marzo 2013

Nonsense#212

Così, Giuliano La Talpa, un po’ mangiando di quel che cantava sotto i riflettori e un po’ barattando con i poveri contadini dispersi sul palco, noci di cocco e corde di campo, campava abbastanza bene, anche senza bisogno degli occhiali da sole che, alla sua età, gli scendevano sempre sulla nuca. Un giorno trovò sotto una duna del deserto un gruppo di cibo fresco e lo appese alla sua chitarra telescopica, cosicché ogni mattina potesse provare l'ebbrezza dello stomaco pieno di sabbia, in svariate dimensioni. La capacità era tanta, dello stomaco, non la sua, che invece era piena di rabbia. Perché non riusciva mai ad arrampicarsi sulla palma, mai, nemmeno la più calma e avendo, Giuliano stesso, una talpa sugli occhi, cercava quasi sempre una zona accessibile a due palmi dal deserto, però senza mai appoggiare il palmo della mano sull'occhio, che tanto non vedeva comunque. Del resto l'attesa di una miglior vista si faceva lunga come il suo naso, senza palmo appoggiato; poteva starsene tranquillo a masticare saliva oppure disteso su un letto di latte di noci di cocco di palma da campo di zone deserte, che tanto la mattina arrivava comunque tardi. Sì insomma, lui era il mistero più stimato dai peggiori oculisti che aveva conosciuto durante le tournée desertiche. Ma trovò presto un accordo tra la palma, la talpa e il suo palmo di mano (quello di naso no, perché era occupato dagli occhiali) e quindi iniziò a proporre sempre quello: sempre lo stesso accordo di chitarra, con o senza il cibo appeso. La storia di Giuliano La Talpa è dura da raccontare, dura quanto un naso freddo di frigo, e questo è solo un assaggio, dato che di cibo si è parlato, e la sua chitarra suonata al buio rende il tutto ancora più offuscato. Ma un giorno svelerò quanto scritto prima di iniziare questo nonsense.

sabato 16 marzo 2013

Nonsense#211

"È severamente vietato limonare gli occhi fuori dal finestrino."
Questa frase l'ho trovata scritta su uno di quei tombini che si vedono a Venezia, durante il periodo del festival del cinema diplomatico. Non è una frase dolcissima, da leggere. Però c'è da tenere in considerazione che siamo a Venezia. La città del succo di melograno. Altra considerazione che mi viene da fare é che, se le frasi da applicare sui tombini, il sindaco se le inventa di sana pianta (quella di limone)... Beh, non c'è da stupirsi se poi tutti i turisti chiedono succo di melograno in quasi tutti i locali e baciano appassionatamente i partner sugli occhi. La vitamina 12 G del limone passato sulle palpebre, assunta alle quindici su un treno per Venezia con i finestrini abbassati, aumenta esponenzialmente l'effetto benefico del melograno, pertanto - forse - leggere le frasi sui tombini è un ottimo passatempo mentre si aspetta di incontrare un personaggio pubblico che attende la propria premiazione inesistente.

venerdì 15 marzo 2013

Nonsense#210

Si fa presto a dire terre lontane, quando lo spettacolo non fa sold out in sei minuti e mezzo; quelle terre, che un tempo erano appunto lontane, ecco che si avvicinano a chi parteciperà alla prima, pagando i posti numerati come se fossero sempre stati liberi. Entrare e non far rumore, mantenendo la giusta distanza tra spettatore e attore. Chi è chi? Tutti noi. Non dimentichiamocelo. L'accordo è il patto e il patto è il soggetto rappresentato. C'è sempre un secondo significato nelle poltrone dei teatri. Anche nei maestri, quelli appartenenti alle cosiddette terre lontane, soprattutto quelli che credono di avere la ragione nelle dita e la verità dietro le quinte. Secondo me i maestri non hanno mai capito niente. Ma non importa, ciò che importa veramente è domani sera.

giovedì 14 marzo 2013

Nonsense#209

Un commestibile professionista di asterischi vive di scambi, e per dar respiro al corpo del mondo offre una stretta di mano a scelta. Avevo sempre visto con grande fortuna il comportamento dei morti. Sempre. Finché non lo incontrai. Successe in un ampio spazio di punti di vista. Tutti i pensieri erano occupati dai corvi e lui mi fece cenno con il capo per esprimersi al meglio, senza bere un caffè al mio posto. Aveva una faccia sopra un libro e l'altra in mano, poi posò la terra nel piatto, ordinò un pezzo da contenere e un bicchiere senza tempo, prese uno dei grandi colori neri e cominciò a inventarsi frasi sulla cromia invertita degli uccelli. Io aspettai a fare quello che lui avrebbe potuto fare, prima del suo arrivo: scorrere il tempo sul tavolo. Tic. Tac. "Come gira, bambina?" "In senso orario. Sono una sveglia, io." Subito mi inchiodò ai numeri pari, con il fuoco tra le dita, chiedendomi la testa. Allungai quindi la mia sensazione e con l'accendino lo rinchiusi fra le sue parole non dette. Alle 15:18 era già scoppiata una guerra premonitrice. Ci sono uomini che non possono mangiare la loro voglia di segni, senza prima allontanare i minuti che hanno congelato mentalmente. "Vuoi prima le mandorle o **** *** ******?", gli chiesi al contrario, mentre pensavo ai generi musicali per chiedere il successivamente il conto. "Mandorle e origami, come fai con i tuoi pesci rossi", rispose lui alzando la testa fino al collo. Usciti dal passato che ritirava ora il suo bell'epilogo, ci raccogliemmo entrambi in una piazza di cori, senza avere più trent'anni. Non ricordavo di essere mai stata così assopita e spalmata, mangiando le esperienze che, a loro volta, mangiavano la voglia di imparare. E lui imparò, seduto sull'alba che trovò di fronte, imparò la regola dei miei occhi.

mercoledì 13 marzo 2013

Nonsense#208

Volevo solo cantare una canzone, ieri sera, per dirti che ho deciso di annodare un palo della luce al frigorifero, così mi ricordo di scrivere i sogni che faccio di notte. Perché senza penna né cibo è dura andare avanti in silenzio, magari sotto la doccia. Ma tu non mi hai ascoltato, fingendo di conoscere il numero dispari dei dadi. Adesso tocca a te!

martedì 12 marzo 2013

Nonsense#207

Il nome distorto "Ettore", che è spesso il nome di un qualsiasi nostro amico, purché di lunga data, è considerato ambiguo e di impronta classico-letteraria; infatti, a partire dal Rinascimento, ed in particolare nel Mediterraneo più esteso, può addirittura far pensare al famoso eroe dell'apocalisse greca, ossia Levi, il figlio di Primo, fratello di Secondo, che morì per mano di un uomo giá morto in epoche ignote. Si è ampiamente diffuso nel Nord, soprattutto in su e in giù, e ha avuto parecchi riconoscimenti sia nobili che mobili, all'incirca nell'ottocento, grazie ad uno sconosciuto che portava questo nome in giro per le capitali europee, diffondendolo abbondantemente negli acquitrini e negli stagni. Sono apparentemente in uso, ma meno visibili, anche le forme femminili Etteraora, Ettorisa ed Ettaletta. Ettore è uno facile alla presunzione di vittoria e sa vivere nell'ordine come una zebra in un salotto. Chi gli vive accanto lo riconosce a fatica e cerca di tenergli i polsi in vita. È fedele se tradisce in compagnia, miracolato se guarisce da solo, mente rompendo gli schemi, ama il sesso senza gloria, e non caccia mai di notte. Ha una preoccupazione concentrata nelle gengive, non lavora mai per tagliare le spese. Il benessere dei suoi fratelli più sensitivi viene da lui esposto, in mancanza d'altro, in alto a destra e tenuto in relazione ai venti familiari.

lunedì 11 marzo 2013

Nonsense#206

Arrampicarsi sui cortili mentre i giochi stanno cadendo sul soffitto è sempre stato uno dei miei passatempi preferiti da quando avrò trentun'anni. Non ricordavo molto di questa abitudine, quando ti troverò lì. Anzi, qui. Perché siamo attaccati come la colla che useremo in abbondanza, da bambini, ossia appena saremo un po' più vicini senza di noi; quella nel barattolo piccolo, con il pennellino che si incollerà alle mani ogni volta che l'avevamo lasciato aperto, quel giorno. Allora sì che sarà, o era, bello. Allora lo era, adesso lo sarà di più di come era quando sarà. Manchiamo di simultaneità, una volta, non certo ora, perché ci si trovava meglio quando il giorno starà per arrivare, i cortili erano lì ad aspettarci e mentre i giochi sono sempre stati, in futuro, gli stessi. Ad ottobre, quindi, non scordiamocelo, che ci serviva per cantare una volta scese le scale, almeno tra due mesi. Era bello come domani.

domenica 10 marzo 2013

Nonsense#205

Bagliori di Clo

La mia forchetta si fa grossa insieme ai giochi di spavalderia sassate in rima sulla mia porta per dormire senza gloria o dislessia sacrosanto e afoso il cielo a righe girate tagliavi i nidi se piangevano le stelle stringevi le ore in una cantina di corde maggio è lontano via voglio andare via e il giro di boa stringe i verbi volere andare e poi via io scopro che hai lasciato le rughe di tua sorella nei cortili e i cieli aperti per mascherarmi il volto la mia zona è controllata come fogli bianchi di cartoleria gli occhi di un chiaro spettro tu non sei come io speravo sei un fantasma in meno che ricade da dietro ma perché ho fatto la luna così distante io alberi si piantano ai lati della bocca e mi corrono incontro unendo tre mani e il buio ti fotte nell'armadio un cocktail malato come un pugno allo specchio e il limone ti colpisce nella botte di fumo e il colore del campo di fuoco è spesso al centro di un segno che io non posso mandar giù voglio andar via due parti mi chiedono dove

ma via

respira puoi
sentire serio
e colpirmi in breve

sabato 9 marzo 2013

Nonsense#204

La mia vita è questa qua, dentro all'armadietto del bagno è impossibile rinchiuderla; ci vorrebbe il finestrino di un'auto, sul quale addormentarmi, mentre tu guidi. Perché io sono una di quelle che difende la propria dignità urlando al mondo intero, ogni giorno che passa lontano, che i viaggi verso il mare si fanno in macchina... E lo ripeto ancora una volta: in macchina!!! La mia vita è questa qua: il lento scorrere dei sassi caduti contromano, sui vetri intrisi di sudore, come i pensieri dell'infanzia meno scheggiata, quelli che circondano il corpo sterilizzato, dalle orecchie ai capelli, e ricomposto dentro una siringa in fiamme. Tu li puoi vedere, solo tu. Tu, che guidi spesso. Una guida perfetta per chi, come me, fa due conti coerenti con sé stessa e scopre che non vuole fare domande a punte doppie sul tuo passato prossimo, anche perché sarebbe una sfida incurabilmente amara. Da zuccherare di nascosto. Eppure le risposte le avrei pronte, calde come questa vita. Pronta, da servire assieme ad un cappuccino; praticamente un'unica crema, sì lo so, da ripetere due volte e da far scendere di lato in una tazzina costruita apposta per noi in un ristorante vegetariano. La mia vita è questa qua. Una presa d'aria sul viso di un vecchio che taceva parlando e quindi urlava sofferente, andato in profondità per scelta o per esclusione; una svolta continua nelle abitudini commerciali che mai più incontrerò, se non con gli occhi finti incollati sul muso di un cane grassissimo. Non chiedetemi perché. Chiedetemi chi. Se la mia vita fosse questa qua, la tua vita sarebbe questa qua. Infatti posso tranquillamente ammettere che non ti rinchiuderò dentro ad un armadietto del bagno o sotto i cuscini a forma di polipo, nemmeno se si stesse comodi più che sopra il tetto di un treno scaduto. Io ti terrò qui, uscendo di sorpresa da sotto il letto, negli orari delle guerre dei baci, oppure in metrò, che tanto i conti coerenti abbiamo imparato entrambi a farli stare zitti. Io con ago e filo e cioccolato, tu con la china e i fiori di Bach. Una sinfonia da provare in questa vita, qua.

venerdì 8 marzo 2013

Nonsense#203

Ecco che torna a farsi viva la festa della nonna, con l'immancabile partecipazione delle cianfrusaglie cinesi e dei gatti bianchi fermi. I gatti di Marzo. Ma un 8 Marzo qualsiasi non basta per occuparsi dei problemi più festeggiati, quali la congiuntivite delle caviglie infiammate o l'estrusione serale estemporanea delle nostre nonne; bisogna sempre e dico mai, in questo giorno, creare l'atmosfera giusta, nella quale l'incontro, e successivamente il confronto, tra nonna e gatto avverrà. Un incontro-scontro, un pronto confronto, una specie di affronto forse, ma mai come una volta. Certo che no. Una volta si prendevano gli antibiotici per strada e, sempre per strada, non c'erano molti gatti che vagavano. In alcune città oggi, invece, i centri per anziani a pelo corto aprono le porte ai certosini, ai persiani e pure ai tappeti volanti. Tra le importanti iniziative a sostegno delle nonne gatte è da ricordare la Compagnia delle Maglie che, assieme alla sua ciurma di aghi, ha deciso di scendere in campo sostenendo il punto croce. Un punto totalmente a favore della rivoluzione in atto. Un atto, il primo atto, atto a rivoluzionare il gatto, quello della nonna si intende; i gatti più rivoluzionari del mondo, quelli che mai lascerebbero le loro nonne in balia di mari in tempesta, nemmeno se il mare arrivasse già in primavera per rubare loro i segreti custoditi dentro i paletot. Quindi in bocca al lupo nonne gatte, e che la balena ve la mandi buona stavolta, la ricetta vicentina, altrimenti poi chi glielo dice a loro?!?!

giovedì 7 marzo 2013

Nonsense#202

C'è una carta d'oro lì sul primo gradino: l'ho presa per la gola e ho letto di una crema che festeggerà il suo trentesimo compleanno con il pistacchio, domenica prossima. Quindi, io, cosa le regalo? Coriandoli?

mercoledì 6 marzo 2013

Nonsense#201

Ricordo la pioggia di duecentouno anni fa, non è la stessa di oggi. Di adesso intendo, a metà pomeriggio, proprio ora che siamo arrivati a dieci. Quella di duecentouno anni fa pesava il doppio, mentre quella di oggi (quando arriva) è assente. Ma non è che non c'è, non so proprio dove sia finita. Me lo chiedo spesso; se è iniziata duecento anni fa, ora dove è finita? Non è stata rilevata sui protocolli di apertura di stagione, pertanto oggi è un brutto giorno, se ci pensiamo. Mi ero illusa che arrivasse la primavera entro i limiti prestabiliti dal calendario, all'arrivo del duecentounesimo giorno, ma non è così, pertanto mi fermerò in gelateria per appurare il contrario. Il gelato sciolto, dal dentista. Ricordate? Che quando sei lì steso, piove, e quando devi pagare, esce il sole dalla finestra. Bizzarro, vero? Ormai sono tanti anni che succede così, la pioggia che cambia, che finisce, che esce, leggera; per quanto diversa sia la poetica musicale delle gocce del giorno di oggi, non possiamo dimenticare i concerti che essa, la pioggia, ha fatto negli ultimi dieci anni. E non ho detto duecento, ho detto dieci.

martedì 5 marzo 2013

Nonsense#200

Da sempre io mi pongo una domanda e l'attacco su un foglio di plexiglas: ma le foglie morte vanno seppellite con o senza carta? Perché....vi dirò la verità... Ma non ora. Dovete sapere.... Un giorno. Una volta provai in quel modo, ma senza risultato visibile. O perlomeno i piccoli cadaveri delle piante in scala ridevano ancora felici, sgretolandosi al vento della tarda sera, sui pianerottoli di vecchi palazzi. Le dune di sabbia servono a ben poco, se abbiamo la convinzione che un solo foglio di carta possa reggere bene tutta la storia di una foglia morta. Sono divertenti e ispiratrici, almeno per la sottoscritta che, da piccola, amava raccogliere tutte le particelle di fumo del mare in un barattolo di vetro, prima di far colare la marmellata di fragole della nonna, come se fosse cipria. Le ciliegie sopra il rossetto e le more con il rimmel: il risultato era perfetto per seppellire le foglie a metà Novembre e raccoglierle nuovamente verso Marzo. Durante l'estate invece non era più possibile utilizzare i piccoli trucchi nelle strade; quelle strade che si svuotavano come luce al sole, appena i primi caldi arrivavano a destinazione, seccando le foglie vive e colorando di verde quelle più anziane. Ora è tutto diverso, forse perché tu non ci sei più; ma c'è chi dice che anche quando c'eri, e te ne stavi seduto sui falò, le foglie continuavano a morire beate.

lunedì 4 marzo 2013

Nonsense#199

Live set: tutto il necessario per tagliarsi le unghie in pubblico, in soli 2,17 pollici.

domenica 3 marzo 2013

Nonsense#198

8 Luglio del 4 Ottobre 1959.
Veniva pubblicato il primo disco volante del gruppo Sanguigno dei Cacciatori. A milleseicentotrentaquattro giorni zero negativi di distanza tra il cielo e la terra rossa che lo lanciò, ecco che oggi si festeggia la rinascita del genere beat-casual-specialguest, con un'antologia tutta da decontestualizzare.
Perché è vero che non tutti gli ospiti sono graditi nelle loro facoltà di giungere, ma se l'ospite che gioca in casa darà il benvenuto all'ospite giunto appena prima, la reunion del Gruppo Sanguigno sarà inevitabile. Monarca delle intercapedini afro-jungle, pilota delle note in betacarotene, generale capo della navigazione su mete etno-emotive a led rossi e blu, il frontman russo ci stupirà con effetti damascati quando, una sera a piacere, salirà sul palco dello stadio di appartenenza, ricoperto di sale per l'occasione, e inizierà il suo spettacolo a fasi alterne, davanti ad un pubblico dal gusto dolce ma assopito e moralmente storico. Un successo fluttuante nei generi, senza protezione alcuna.

sabato 2 marzo 2013

Nonsense#197

Ore 18:36. Interno, tavolo, cibo e bicchiere di latte.
"Scusate, ma questi sono i vostri camerini?" "No." Rispose lui. "Sono i nostri canarini, perché?"
"Beh, perché noi veniamo dalla Svizzera. Con ventisei telecamere a getto d'inchiostro. Allora? Possiamo riprendere questi strani canarini?"
"Se me lo chiede con un altro tono, sì. Ad esempio un tono più calmo, tipo il verde petrolio. Credo che si ottenga con del giallo, giallo canarino, e quattro numeri visti nei sogni, capito?" Il grassone replicò: "il petrolio non fa per noi! Noi siamo ecologici! E i sogni si consumano a casa propria. Domani provvederemo. Alle sedici del pomeriggio." Così, per non sprecare altro tempo, colui che di tempo ne ha visto tanto, soprattutto nelle Langhe, disse a voce bassa, per farsi sentire anche dalle ultime persone appollaiate sulle colonne montate a neve: "facciamo così. Possiamo dirci che è finita, da ieri."
"Non c'è problema, Tenente Colombo. I canarini vanno benissimo, mi è parso di notare che ha una raucedine nascosta sotto il cappello."
"Esattamente. Serve per cantare. Non me la tocchi. Ma, a tal proposito, lei sa cantare?"
"Lei chi?"
"Lei, colei. Colei che mi accompagna."
"Beh, a dire il falso non sa fare. A dire il vero lo saprà lei, dato che l'accompagna."
"Certo. Il tempo ormai è finito e i canarini cantano tutti insieme, quale migliore situazione si può trovare su questo divanetto sgualcito, signor Bowling?!"
"Questa. Esattamente questa. Bene, tenente Colombo. La cena è servita davanti a lei, anche se non sa cantare come lei."
"Allora me la mangio tutta. Non aspettavo altro, intanto può cambiarsi la faccia. Arrivederci."
"Arrivederci."
Ore 19:41. Esterno, parco comunale, maniaco in auto.

venerdì 1 marzo 2013

Nonsense#196

Donne al volante! La vostra storia è arrivata al capolinea esattamente sotto ai binari della linea 3 o più - in ritardo oltretutto - siete stanche delle pere William dalla buccia dura, è una sera di agosto e non riuscite a far capire che il numero quattro (da voi tanto amato sulle unghie) si ottiene anche con 3+1, avete passato una pessima giornata lavorativa con la vostra ex coinquilina arrampicata sull'albero in cortile che si lamenta perché è incinta a metà e quindi, a questo punto, non vi resta che lasciare il vostro lui? Siete finalmente le vincitrici del mare! Fatelo pure, dunque, senza orari rovesciati sul letto, ma abbiate un costume adatto al tatto che userete al momento del taglio della carta che porrà fine al segno. La fine di una storia d'amore? È sempre e comunque simile ad una canna da pesca, a parte rarissimi casi in cui è come una pallina da tennis blu. Essere lasciati è anticostituzionale. Ma anche lasciare non è una cosa gratuita o pagata a raro prezzo, ed è spesso difficile trovare il sentiero giusto, uno che non nasconda le margherite sotto ai funghetti (semmai ne esistesse uno, magari senza pietra). Molto probabilmente ognuna di noi messa in relazione ad ognuna di voi, pensando al proprio compagno messo in relazione ad un'altra di noi o di voi, più probabilmente di voi intesa come "sua" al momento della mancanza di una di noi in particolare (ragionamento libero maschile), può vantare almeno un episodio a sé stante, in cui ha preso una porta in faccia, non necessariamente in cambio di un cioccolatino. Oppure, peggio ancora, momenti in cui ha dovuto mangiare pesce solo perché era venerdì e non è stata capace di far addormentare il suo gatto in cucina, subito dopo. Insomma, qualcosa si è rotto, come il burro sul pane caldo. E chiunque dei due sia l'autore ultimo della tanto disinfettata decisione, sappiate che c'è modo e modo di farlo: uno e l'altro, si intende. E se almeno una volta nella vita siete state lasciate in miniera, zona franca e particolarmente infame, sapete perfettamente quale scarpa togliere e quale lasciare.