venerdì 22 febbraio 2013
Nonsense#189
L'utilizzo della sabbia del tempo a fine inverno, è una modalità di tutela della qualità oraria assai efficace, che fa immediatamente pensare ad un oggetto infangato e nascosto in profondità, soprattutto se sta arrivando l'estate più calda degli ultimi quarant'anni, come ad esempio la classica clessidra forzata. Essa è considerata come quel fenomeno attraverso il quale, sopra le dune, si misura la percentuale di vapore istantaneo necessario al sostentamento del proprio carattere, sempre presente nel nostro scorrere virtuale odierno; è anche il gesto con cui, anticamente, il vento scorreva oltre i fiumi, da un'estremità del tempo all'altra. In questa idea di misurazione metrica e poetica, sono perciò riassunte sia l'idea del tempo che si perde come una linfa, sia la visione panoramica soggettiva dello scivolare su un'esistenza nostalgica di un tempo macinato e deglutito. Qualcuno con velleità artistiche amare e simpatie monofasiche, un uomo dall'altezza discutibile e suddivisa in tre zone, ha anche scritto parole con parte della sabbia di mare, totalmente immersa nel tempo dell'acqua, forse per definire la ciclicità del proprio rapporto avanti/dietro, calcolando le giuste misure per preferire generalmente la retromarcia. Sostenendo infatti che, per funzionare tra l'alto mento e il basso ventre, una clessidra speciale, associata giornalmente alla parte del cervello legata al proprio nome, deve essere continuamente interrotta e ricaricata. Solo così la sabbia del tempo farà il suo dovere, evitando di concludere solo metà della nostra fiducia più ecologica.