giovedì 31 gennaio 2013

Nonsense#167

Questa sera effettuerò il mio primo volo metafisico in mongolfiera, partendo dalla stazione meteorologica di Denver, proprio mentre il secondo tempo del sogno notturno di ieri avrà inizio. Partenza anticipata, arrivo posticipato ed equipaggio emancipato. Saremo in tre e, diversamente da ieri, saremo in tre. Volare a picco su una mongolfiera dalle corde molli, cambiate attentamente la notte antecedente alla partenza, regala un’emozione non del tutto particolare, ma sicuramente pulita, paragonabile spesso ai sogni di sospensione del servizio meteorologico del Colorado, sulle nubi disidratate più alte. Lo spettacolo è a lieto fine, ma solo per chi ha la fortuna di saper contare, anche perché da terra si vedono chiaramente le stelle nel cielo e i tappeti erbosi servono solo ai palloni aerostatici colorati. Una mongolfiera può ospitare persone della stessa cittadinanza per almeno due decenni, gli appassionati di questa disciplina astratta lo devono sapere già in partenza, per non disperdersi nell'aria all'arrivo. A cadenza annuale viene servito del the a bordo (decorato in oro bianco), mentre ogni mese viene effettuato dagli organizzatori un raduno semestrale doppiamente proibito, in cui i palloni verticali gareggiano con le decorazioni a spicchi, tipiche degli agrumi di Sicilia. Questa particolare situazione richiede un'attenzione multipla da parte dei piloti automatici, garantita dalla specifica abilitazione all'uso dei pennelli, che rende il volo protetto da qualsiasi tipo di avanguardia artistica. Non credo di voler vedere volare i valori dei versi scritti sul vero contratto, mi piacerebbe soltanto sapere che la direzione e la velocità saranno gestiti dal vento, contrario, a favore, o astenuto che sia. Si parte oggi, dunque, sperando nell’aumento delle probabilità di diminuzione delle certezze relative alla traiettoria, decisa dalla sottoscritta al momento della scelta cromatica. Chi viene con me? Basta solo ricordarsi di aerare il locale prima di decollare il pilota!

mercoledì 30 gennaio 2013

Nonsense#166

Nel quarto capitolo originale del libro della giungla africana, sottratto dai Corinzi ai Farinacei durante le riprese del terzo film di Almodovar, si afferma che la piramide più solida dell'Egitto repubblicano era una struttura architettonica democratica e moderata, costruita appositamente per sovrastare le piantagioni di cotone (pettinato secondo la moda dell'epoca) e per proteggere la tromba del faraone grecoromano dai venti del sud e dalla sabbia del nord. Era quindi un monumento rinforzato ad ore, costituitosi da subito parte civile dell'acropoli universitaria sottostante. La piramide egizia, a differenza del cubo palestinese, ha una base quadrata di tre lati equidistanti tra loro e perpendicolari all'altezza e le quattro finestre sul tetto a punta richiamano lontanamente il verso dei condor. Inizialmente gli egiziani della giungla si servivano della tromba delle scale per decidere la moglie prediletta, poi durante la dinastia più sfortunata, la cosiddetta WWF, questa situazione si evolse e così anche lo sviluppo dei materiali edili trasportati attraverso i fiumi più miracolosi. Le dimensioni dei mattoni in gomma naturale crebbero proprio all'interno del corso d'acqua annuale, situato ad ovest della piramide, tanto che i partecipanti ai giochi olimpici divennero ben presto miopi e le tradizioni culinarie del paese si svilupparono fino all'Asia occipitale, dando così vita a ciò che oggi chiamiamo "celiachia".

martedì 29 gennaio 2013

Nonsense#165

Troppe truppe e troppi texani in giro di notte, ne sono convinta. Se poi i figli rinchiusi nelle discoteche mandano i messaggini a mamma, significa che la gioventù abbaia all'albero sbagliato, nelle sale parto sbagliate e all'ora sbagliata, con i cellulari sbagliati. Se tendessero le orecchie verso Mercurio, la notte, stando seduti sull'autobus senza ruote anteriori, i ragazzi diventerebbero tutti degli ottimi autisti, evitando di inventarsi le scuse più assurde per fingere di essere ostaggi di loro stessi. Sappiamo benissimo quali sono gli oggetti presi di mira durante l'estate dai giovani discotecari: i telefoni pubblici all'interno delle chiese ortodosse. Sempre più introvabili, non come gli autobus senza ruote. Di quelli ce ne sono migliaia in giro, è una visione terribile, certo, ma non c'è alternativa perché senza quelli staremmo tutti rinchiusi in un container di cellophane. Figli e genitori. Credo. Non ho, effettivamente, un'idea ben precisa a riguardo, ma nemmeno una poco precisa; diciamo che non ho un'idea ma ho una memoria, pertanto posso dire che sia, questa, una storia simile alla spesa fatta in un supermercato. Gli oggetti presi di mira, come ad esempio i telefoni pubblici menzionati prima, sono sempre posizionati in ordine (un nuovo ordine), come se stessero sugli scaffali delle corsie dei supermercati. La differenza sta nel direttore. Truppe e texani ne hanno uno proprio, le discoteche anche, le chiese ortodosse non se ne preoccupano, mentre i supermercati si dirigono da soli. Tosse secca o tosse grassa? Questa crisi non fa scegliere.

domenica 27 gennaio 2013

Nonsense#163

Non riesco a capire come si monta un manoscritto quotidiano, perché la concentrazione è assente e credo di aver sbagliato attrezzi. Se cambiassi giubbotto tornerei ad evitare i semafori, pertanto rifarei la stessa strada di questa mattina. Ma se la concentrazione non è comunque visibile ai miei occhi, anche il rosso o il verde risultano poco distinguibili, forse risulterebbe più facile mettersi un po' di cotone nelle orecchie e saltare almeno un gradino su tre. Una volta ho puntato il telecomando in direzione ovest partendo da sud-est, è scoppiato immediatamente. Da quella volta niente più programmi di riabilitazione stradale, ma nemmeno in presenza di avvocati. Niente più pile al litio e niente più posizioni supine, che poi ti scambiano per una statua di ghiaccio perché si sa che là in cima il riscaldamento si disperde, ancora prima di arrivare. E le formiche giganti? Ma quali? Quelle che ti mangiano le falangi? Esatto! Perché sui balconi del primo piano non ci sono nemmeno i semafori, figuriamoci in inverno... con i cani che ti abbaiano alle spalle e le sirene che cantano l'inno della porta accanto, mentre i sassi si incollano nel cemento e la tua coinquilina ci prova con te. Ma la tua coinquilina...quella che assomiglia ad una formica? Certo. Ah! Ho capito. Lei sì che non vede i semafori. E non ha nemmeno bisogno di concentrazione, lei. Ma lei chi? Quella che non esce mai dalla cucina? Sì, lei. Che però è un uomo. Credo di aver ritrovato la concentrazione adesso, sono dispersa in campagna e disegno nell'erba il volto di quel tizio, che delle campagne ha paura, probabilmente perché si è sposato una femminista.

venerdì 25 gennaio 2013

Nonsense#161

Stando con la pancia all'insù, in un letto largo più o meno dieci centimetri, ho scoperto (circa quaranta giorni fa) che sul soffitto più alto di tutta l'intera camera matrimoniale, si nasconde la lettera più fortunata dell'alfabeto. Capita, pertanto, di svegliarmi in piena notte e cercare i guanti in lana, oppure di inoltrare una mail del giorno prima a qualcuno scelto a caso, mentre mangio. Soprattutto nei giorni che precedono le feste, quando tutti decidono di stare a dieta. Ma come puoi stare a dieta, in un letto ad acqua? La risposta è semplice! A quarantacinque gradi. Chi riesce è davvero bravo, perché quando succede che la mail non arriva a destinazione nei tempi prestabiliti, tutto diventa più difficile da credere e la lettera più fortunata scompare. Che fare in quel caso? Sciogliere un'aspirina in un bicchiere di acqua del rubinetto (la stessa con cui abbiamo riempito il letto) oppure rinominare tutti i contatti del cellulare? Perché è anche vero che in piena notte risultano entrambe due cose difficili da effettuare, eppure sembrerebbero le uniche due soluzioni possibili per riuscire a perdere qualche chilo di troppo, senza dover cambiare a tutti i costi la lettera disegnata in alto. È un po' come fingere di suonare i campanelli solo per distrarre la gente attorno: suonare con una lettera in testa e scappare mentre questa scompare progressivamente è sempre un buon esercizio mentale, non unge e aiuta a selezionare le idee raggruppate nei cassetti della scrivania.

mercoledì 23 gennaio 2013

Nonsense#159

In tutto l'Estremo Oriente, a settembre inoltrato via mail, le parti integre delle scuole occidentali si sgretolano, arrotolandosi su loro stesse, per regalare una nuova vita agli studenti bocciati più diligenti. I fiori sbocciati nei giardini biologici attorno, invece, ricoprono gli interi edifici pubblici che, per l'occasione, si trasformano in plastici ferroviari autogestiti. Il paesaggio circostante le scuole acquista quindi più visibilità, in quanto la prostituzione non regredisce mai totalmente, rimanendo ben ancorata ai pali delle casette di legno esposte sui marciapiedi, dove risulta sempre più facile scambiarsi i beni di lusso riemersi dal terreno, dopo la stagione delle piogge trimestrali. Per accaparrarsi un posto in prima fila nei negozi di libri scolastici usati, stando a quanto afferma il più famoso partigiano cinese, è necessario possedere almeno una parte integra dell'edificio in questione, scavalcare tutto l'iter burocratico che ne consegue e patteggiare diplomaticamente la pena pecuniaria con la pubblica amministrazione assenteista. Se non dovesse avvenire questo, avverrà qualcos'altro. L'importante, per i genitori degli studenti che si sentono minacciati, è avere un pasto consumato sui bordi, i costi esclusivamente lordi e un posto ben considerato dai sordi. Sarà qui che verranno riposti tutti i vari locali abbandonati, lavati più e più volte per accelerare il processo di assunzione delle tossine botuliniche, ottime per l'equilibrio mentale presente nelle braccia e utili per i vari esercizi di scrittura approssimativa, spesso imposti agli studenti da tutti quei docenti nocivi, assunti per via orale a tempo determinato.

martedì 22 gennaio 2013

Nonsense#158

Al contadino non far mancare due lune piene di anticalcare.

La sociologa dell’Università del Ginocchio Ambito e studiosa del rapporto fra crostacei e chimica dei reparti, sostiene (grazie ad un supporto numerato) una tesi piuttosto deformante, relativamente il proverbio riportato qui sopra le righe, ossia: qualsiasi cosa, per essere considerata indipendente da tutte le forme geometriche conosciute, non si manifesta con un gusto modificato ad esempio in un triangolo, ma dal gusto ambientale trasmesso da un'onda sonora all'altra, che lo qualifica come discordante oppure interrogativo.

lunedì 21 gennaio 2013

Nonsense#157

Contrariamente a quanto penso, scrivo. Scrivo di assonanze tra le maglie conservate sottovuoto, scrivo di coccodrilli intrappolati sotto il letto, di temperature invecchiate e rugose, di gengiviti mentali, di ricordi disciolti in acqua e silicio. Scrivo con la capacità di non scrivere, perché è solo così che si possono allontanare le radici fradice che ci bagnano la testa e le foglie secche dei virus più verdi. Penso, contrariamente a quanto scrivo, che i sogni siano debilitanti se portati ad ebollizione e poi schiacciati sotto gli scogli di una spiaggia di lago, quando gruppi di scolari si ritrovano a parlare delle cartiere. Una volta ho camminato mangiando la ruggine di un filo di vetro e compiendo salti in aria talmente alti, che solo la cruna di un ago saprebbe scomporre. Contrariamente a quando salto, non mi fermo. Però mi fermo davanti a te, ti bevo agitato e sintetico. Mi fermo davanti al punto di domanda più fresco e a quello meno fresco, davanti al banco del pesce con la corona di spine sui neon, davanti agli schizzi di sangue congelato in America e al vomito delle bestemmie dette per passare il tempo infittito, nei sotterranei di un luogo senza riscaldamento. Mi fermo, al contrario, mi muovo. Per ultimo, contrariamente a quanto detto, leggo. Leggo gli orari sui musi dei gatti, sui baffi dei maghi, leggo il prezzo di una promessa finalmente tornata a casa in lingua originale e scomposta, successivamente, nel giardino sottostante. Mi leggo tutto sull'uomo nero con i cerchi azzurri in volto e la cintura singola programmata. Come ci insegnavano da bambini, contrariamente a quanto questi impareranno da adulti, i frutti acerbi scoppieranno lontani, le lunghezze saranno afone e i tavoli a disposizione dei contabili edili chiuderanno il capitolo letto, quello con i coccodrilli nascosti da almeno ventiquattro anni, meno.

domenica 20 gennaio 2013

Nonsense#156

La dimensione dei numeri pari è direttamente proporzionale alla propria data di nascita. Lo sostengo io, da sempre, con le braccia tatuate di blu. È un dato di fatto anomalo, questo? Sì. Ed è anche un'ipotesi fatta di animali, come ad esempio lo storione, pieno zeppo di aneddoti ed esperienze extrasensoriali legate alla sua data di nascita; tutte esperienze fortemente minacciate dagli interventi umani. Non è detto che un numero pari contenga in un'intera vita futura, esempi di luoghi, tempi rarefatti o deformazioni decisionali estreme, però è probabile che il rispetto dell'ora in cui si alzano i pensieri dei numeri primi (non pari), possa portare ad un'evoluzione della temperatura cosmica, legata strettamente alle braccia tatuate; due elementi inscindibili che rimarcano il rapporto confuso, creatosi già nei tempi perimetrali. Quasi una corsa agli ostacoli, quella degli storioni, un racconto alternato ai tratti fermi e decisi di un pennello con poche probabilità di ricarica. I numeri pari divergono tra loro stessi e le date di nascita più comuni risentono dell'incapacità degli animali di riconoscere la memoria più remota. Quella per la quale uno storione, ad esempio, riesce a distinguere le braccia tatuate da quelle nascoste. Io personalmente sostengo i nomi di chi mi è vicino, chiamando i numeri pari, che equivalgono in un certo senso all'indirizzo di ogni porta privata, mentre nell'altro senso aiutano le volontà dei fatti più strani ad uscire allo scoperto, anche in presenza di storioni infiniti.

sabato 19 gennaio 2013

Nonsense#155

I giovani di una certa età muoiono sempre troppo giovani per poter diventare vecchi e da vecchi poi ringiovaniscono con la morte.

(Moto di ragione ellittico e perpetuo.)

venerdì 18 gennaio 2013

Nonsense#154

Prendi una forma di durezza variabile e pensa intensamente al sonno, tenendo gli occhi completamente piatti. Vedrai che, immediatamente, il quadro immaginato metaforicamente sotto la pelle, si posizionerà sui gradini della tua colonna sonora, filtrando così gli aspetti negativi di una determinata zona progettata in solitudine. Aspirando ad una maggior sicurezza dal naso ed espirando tutto ciò che c'è di peccaminoso, andrai oltretutto a colmare il vuoto delle assenze ingiustificate sui fogli di carta stagnola, troppo corti per essere imbalsamati. Non posso dirlo con sicurezza, allora lo faccio dalla cintura in giù. Mi dispiace dirti che nulla non è vero in quanto finto ma è vero in quanto reale, ma non è vero che non mi dispiace affatto non incoronarti il volto, linfa o non linfa che sia. Puoi capire solo con la menta fredda. La superficie lucida. E la mano libera dai pensieri serali.

giovedì 17 gennaio 2013

Nonsense#153

C'è una cosa che non dovrebbe esistere nella fenomenologia dei luoghi interiori misurati a corrente sintomatica. Non è nociva, non è irradiante, non è tecnologica e non è seconda a nessuno. Semplicemente non dovrebbe esistere perché non potrebbe essere ufficialmente creata da un "nulla" psicologico, non avrebbe una funzionalità accesa né una spenta, non si potrebbe osservare in modo sicuro perché interromperebbe, anche se inesistente, l'impressione primitiva degli uomini motivati da un proprio controllo mirato. Misteriosamente apparsa nell'illusione cerebrale di ognuno di noi almeno una volta nella vita (che equivale a mai), ma nella vita di qualcuno che non è più sé stesso, non sarebbe mai dovuta esistere oppure anche solo apparire, nemmeno se richiamata più volte. Infatti non c'è mai stata. Non a caso abbiamo parlato di illusione cerebrale. Trasportare uno sconosciuto sulla fiducia meno raccontata, solo perché i luoghi interiori procurano a noi stessi molti spazi indefiniti, è notevolmente curativo, ma riporta sempre al pensiero universale della non esistenza di una determinata cosa, se così la possiamo chiamare. Tutto è da scoprire e nulla si muove in questo mondo di contrasti dolenti, pertanto nessun ostacolo potrà aprire le porte alle vincite meritate più tragiche; l'unica operazione possibile da effettuare su un capolavoro lineare di un'intera esistenza mai esistita, è il ritorno a quei fenomeni intrinsechi fatti di piani purificanti, andando a compiere selvagge trasposizioni precedute dai cambi di luna.

mercoledì 16 gennaio 2013

Nonsense#152

La lontra ritorna

all'ombra di Londra e l'onda fa sponda rotonda se
torna la ronda. È quasi
una preghiera, di sera,
fiera e leggera come mera


lamiera.

















Dopo aver letto questo, non cercate di convincervi ma convincetevi a cercare.

martedì 15 gennaio 2013

Nonsense#151

La problematica degli stadi di gelosia (che non è la gelosia degli stadi, n.d.a.) è una questione da non sottovalutare quando si esprime un concetto sostanzialmente falso, atto a confondere chi abbiamo di lato, mentre organizza una festa per numeri pari. Non si tratta solo di un inquinamento propedeutico di stampo pseudo-uditivo, o di sceneggiate in capoluoghi a caso, che prendono il posto di notti fortunate e ritardatarie (quando ben riuscite e cioè mai); qui stiamo parlando di corrosione della civiltà vagante - camuffata in arte da quasi due mesi - e di operazioni sensoriali a più ripetizioni. C'è chi costruisce, capovolgendolo, lo stadio di gelosia solo per dispetto, chi invece emette suoni di tifo spropositati solo per emergere dal proprio buco in gola, altri ancora si stirano le corde vocali più efficienti verso la parte opposta di un campo, esasperando il proprio partner già intento a trattare la partita di merce, trasferitasi peraltro da uno schermo all'altro del mercato. Poi i capitani di porto, quelli ricchi di polifosfati, ancora si stupiscono perché non riescono a barattare le trombe d'aria: il perché è semplicemente uno. Non sono adatti agli stadi di gelosia, non capiranno mai la golosità degli studi e il tifo per loro è cosa sconosciuta, la voce non possono sentirla, né tantomeno respirarla e ringraziarla. La conformazione di alcuni toraci é estremamente complessa e quindi, per poter insegnare (a chiunque voglia collezionare i mattoni sostitutivi per la costruzione di uno stadio di gelosia) l'iter progettuale aggravato, diventa necessaria la perdita del campo nel campo e la fuga della traccia meno riuscita, innalzata all'ennesima potenza spirituale. Meno riuscita, è vero, ma molto simile a qualcosa di già prodotto industrialmente, come un secondo tentativo vocale conservato gelosamente perché considerato erotico.

lunedì 14 gennaio 2013

Nonsense#150

Penelope! Smettila di tessere quella tela e ritorna a consumare le morbide setole fatte di abitudini, che la tua curiosità è attesa da troppo tempo (peraltro incerto)! Se continui a fissare il grosso animale che nasce di notte e muore al mattino, senza affiancare un pezzo di un pezzo ad un altro pezzo di un altro pezzo, il cuore tuo come potrà risparmiare l'energia solare che serve a far riemergere i punti nel blu? Non puoi incatenare i pesci ai rami secchi e non puoi sistemare la rugiada sul becco di un corvo morto! I delfini sono anziani ormai; è tempo di arrotolare il tutto come un tappeto erboso fatto di latte e scorgere il sentiero di rame che porta dritto al contrario! Avanti! Indietro! Penelope!

domenica 13 gennaio 2013

Nonsense#149

Uno studente su dieci ha due gomiti invertiti. Due genitori pervertiti. E due genitali impauriti. Mica male, per un paese geneticamente in via di appiattimento, dove la gente si genuflette e si inginocchia davanti alle discariche degli eccessi e si inumidisce dietro la maschera delle gratificazioni. E se anche volessi essere un maschio, tratteggiato e recitato nell'est anglosassone, di certo non vorrei essere un giubbotto in pelle e avorio. Magari di quelli scoloriti, oltretutto. Piuttosto resto immobile, seduta dentro ad un gabbiano trovato per caso nella cassetta postale; ferma e impietrita di fronte alle lunghe passeggiate centrifugate o alle corse ammorbidite degli altri, facendo pipì in piedi e descrivendo, ad ogni minuto che passa di qua, le visioni dei ragazzi lontani, per poi dire a tutti che le rubo, ma solo per appenderle agli occhi delle ragazze vicine. Non importa che siano studenti oppure no, ciò che emerge dai dati statistici delle scommesse più clandestine di questa epoca, è già sufficientemente proibitivo per una società così piena di fili d'erba medica e così poco piallata, cromaticamente parlando. Pare che gli addestratori di tappeti si siano dati all'elettricità, mentre gli ipnotizzatori di Parigi, alla pasticceria. Non c'è da stupirsi, credetemi, né da stipulare nuovi contratti miti, né da stridere i contatti semplici; né da strofinare gli strofinacci tra loro, solo per creare l'atmosfera giusta. Ma giusta per chi? Cambiate le pile agli orologi sui tetti, cosicché tutti li vedano muoversi con il ritmo giusto. Ultimo consiglio: evitate le scale, anche se leggere, perché essere studente domani aiuta quanto una castagna secca in un posacenere oggi.

sabato 12 gennaio 2013

Nonsense#148

DECALOGO DI UN LUOGO COMUNE A TUTTI:

1) Incorniciare i baffi della chitarra del tizio che suona al centro del parco. Quello dove, solo di pomeriggio, ci abitano i cani dei giocolieri.
2) Scavare, utilizzando due pneumatici dispari, una buca alta, profonda, laterale e obliqua e parallela al fiume.
3) Detestare l'ora più immorale della notte, nella notte.
4) Fecondare il cemento armato, evitando il più possibile i social network, per calibrare meglio la stampante a laser dell'ufficio. Se presente.
5) Ascoltare la schiuma dell'ammorbidente scontato, comprato il giorno prima assieme ad un temperamatite.
6) Non me lo ricordo.
7) Fare solletico al fegato del tuo vicino, punzecchiandolo con un cucchiaino di zafferano, mentre lavora.
8) Ammaestrare la lingua.
8) Ammaestrare la lingua.
9) Salmistrare l'ammaestratore.
10) Chiudere il cerchio sul velluto blu, quello che avevamo creato in precedenza; prima ancora di nascere.

venerdì 11 gennaio 2013

Nonsense#147

Quarantaquattro foglie ritornate in superficie dopo mesi di duro lavoro lasciano un segno indelebile, sulla spalla destra. Lo sapevate?

Quando ci pongono una domanda, ad esempio "tu da me che cosa vuoi?" (detta con la cantilena di una sirena bella e single e con il ritmo di un coro da stadio giovane), è sempre opportuno ripensare alle quarantaquattro foglie. Per rispondere correttamente. Ma se il nostro interlocutore non avverte nessun suono da parte nostra, allora in quel caso sarebbe meglio credere che le parole che iniziano con segno positivo, sottoposto alla prova generale delle quattro settimane di assenza, siano vere e trapezoidali, anche se non dette da occhio a occhio. O da scapola a scapola.

Solo che poi, puntualmente, succede che l'inferno si scatena ai piedi della collina e allora la domanda è solo una.

La risposta anche.

L'automobile pure.

L'inferno ai piedi della collina.

A cosa serve?

giovedì 10 gennaio 2013

Nonsense#146

Non era particolarmente scaltro, però beveva un litro e un litro e mezzo di sidro al giorno. Praticamente due e mezzo. Non bestemmiava mai durante il sonno, né mentre dormiva, ma accendeva il camino del salotto sempre con due fiori di loto. Non assumeva infusi di timo per il diabete, eppure sentiva il fratello del padre ululare ogni notte. Inoltre, Savonarola Baldassarre detto il Greco, si precipitava giù dalle scale quando avvertiva che la zuppa di cereali stava per diventare fredda. Era un ragazzo avido e maturo, bislacco e atleticamente razionale. Senza arte nè pena, non pensava a sposarsi, forse perché conosceva solo una lingua; figlio di due dromedari, il Greco iniziò sin dalla giovane età a registrare le presenze altrui, sia all'interno che all'esterno della grande vasca di acqua termale, che teneva ben nascosta sotto al suo letto in cristallo. Scriveva poemetti geografici di grande efficacia e non si curava delle vibrazioni dantesche che spesso avvertiva nella testa, poiché sapeva che tutta l'intera contea avrebbe ben presto votato sì. "Portate le portate!" Urlava ad ogni tocco di campana. "Ancorate ancora le anfore di Alfonso Canfora!" Recitava durante la cena. Era effettivamente un tizio piuttosto impaziente, poco ospitale, ma soprattutto deliziosamente qualcosa. Il Greco era conosciuto in lungo e in largo, data la sua mole; si riconosceva negli specchi d'acqua ma non in quelli di sidro. Almeno così affermano le testimonianze dirette da lui stesso. Savonarola Baldassarre detto il Greco: un nome, due nomi.

mercoledì 9 gennaio 2013

Nonsense#145

Tutto ebbe inizio nel lontanissimo anno passato per di qua, venti anni fa o poco più tardi. In quell'anno il mio compagno di bancone era spesso sdraiato sul soffitto della scuola, a raggi x, a causa della rottura delle cuffie di lana. Mi ritrovavo pertanto sola, molto spesso nell'aula dei pennini, a dover contribuire economicamente alla difficile questione dei quadretti di mezzo centimetro, che non tornavano mai nelle ultime pagine del quaderno del mio compagno sdraiato sul soffitto. Una volta portai da casa una calza di mia madre e, ricordo ancora, la maestra iniziò una lezione lunghissima sui granchi bipolari e di come avviene la lotta di questi ultimi con i millepiedi, dopo l'assunzione di antipiretici nel mare. Probabilmente, quel giorno, la ispirai con la mia calza, anche se a mio avviso sarebbe servita solo a far scendere il mio compagno, dal soffitto al bancone. I gusti erano tanti e raffinati e non capivo perché non si decideva a scendere, le cuffie erano ormai tornate integre, originali e profumate, non c'era motivo di restare lassù, pensavo a voce girata. Allora trovai una soluzione. E finalmente, grazie alla mia idea, la campanella suonò circa ventinove volte quel giorno. I bambini sull'erba entrarono svelti, vestiti di carta, quelli attaccati alle spalliere, invece, corsero a casa. Gli zaini si impennarono fino a partire per la zona vietata del cortile e il mio compagno, a quel punto divenuto adulto, fece un urlo tale da far colorare l'intera parete est della scuola, con una penna a sfera temperata. Sapevo che avrei vinto il sacchetto di biglie.

martedì 8 gennaio 2013

Nonsense#144

Non lo so. Io non lo so. Non posso sapere tutto, io. Non lo sai tu e dovrei saperlo io? Se lo sapessi te lo direi ma dato che non lo so non posso dirtelo. Sai che ti dico? Ti dico che non so se lo saprò, può darsi di sì, oppure di no, non so se sarà sì o no, non lo so, io non lo so. Non sono sicura che sarà un sì, se lo sapessi te lo direi, che sarà un sì, ma non lo so, anzi secondo me è un no. Ma cosa? Non lo so. Serenamente te lo dico, io non lo so. Sereno è o sereno sarà, non lo so. Sicuramente non lo sapremo finchè non sarà sicuro o non sarà sereno. Ma sicuro cosa? Sereno? Non so, di sicuro c'è una cosa: che non lo so io e non lo sai tu. Sono serena ma non sono sicura, d'altronde non posso esserlo perchè non lo so. Tu sai di essere sicuro o sai di essere sereno? Senti, io non lo so e non posso saperlo per te, se tu lo sai stai pure sereno e assicurati solo di saperlo. Saputo questo sarai più sicuro. Ma saputo questo cosa? Lo sai? E più sicuro di chi? Non lo so, io non lo so. Se sei sicuro di saperlo sei sicuro di stare sereno e quindi sicuro lo sei, comunque. Io sono solo un po' stanca di non sapere però sento che sarà subito un sì. Ma sì a cosa? Non lo so, senti, io non lo so.

lunedì 7 gennaio 2013

Nonsense#143

Quanti anni hai? Talvolta. Dove abiti? A dicembre. Sei disoccupato/a? Bianco. Hai paura? 13. Fratelli o sorelle? Raramente. Diploma o laurea? 1982. Come vorresti chiamarti? Dipende. Come vorresti tornare? Mare. Marte. Martedì. Posso continuare con le domande? Rosso. Ok. Fine dello stato attuale.
Questo era un esempio di uno dei test a crocette universitari di fine secolo. Io, al tempo, ho risposto correttamente a tutte le domande, dalla prima alla terza, invertendo il senso delle risposte brevi. Infatti mi hanno presa subito, inserita perfettamente senza obbligo di risposta o di assenza. Solo l'obbligo di acquisto. Al momento sto ancora frequentando il test, leggendolo a giorni alterni; farò così fino a giugno, dopodiché sveglierò le piantine grasse che sostano senza sosta sulla finestra della camera e partirò per un lungometraggio. Altro che università. Quella serve solo a filtrare le bevande gassate, a sbriciolare panini imbottiti di esplosivo e a svuotare intere cisterne di allergie primaverili. Non è una critica, è una cripta, l'università. Unidiversitá; con la differenza universale tra lo studente modello e quello di carta. Il disegno perfetto, insomma, per creare abitazioni di lettere, costellazioni di numeri primi e sfumature di colori complementari da cavia. Per poi sciogliere tutto in un'unica soluzione alcalina ed usarla successivamente per umidificare la mia camera in mansarda. Finito l'anno (che già è iniziato tempo fa, con il passo dinamico dei vagabondi) tornerò a fare quello che, in gergo domestico, viene definito come "il cammino della tovaglia." Determinazioni nervose ormai appiattite prenderanno il sopravvento e si scatenerà l'indole più pungente, così secondo l'oroscopo mite, quell'indole analogica che - si spera - depositerà sul mio soppalco varie tipologie di radiografie, accumulabili, impilabili e autogestite.

domenica 6 gennaio 2013

Nonsense#142

Ho scoperto un nuovo tipo di risata: la risata perpendicolare. L'ho scoperta osservando i gatti neri, durante la proiezione del famoso documentario afghano sui suicidi dei roditori. E' abbastanza nota la polemica tra gatti e roditori, perciò la risata perpendicolare è un giusto compromesso quando la pellicola protettiva viene a mancare. La risata perpendicolare non è nient'altro che un movimento perpetuo circolare del concetto più intimo di felicità. Anche se non è visibile all'occhio umano degli animali, perchè rimane nascosto tra le pietre e i lombrichi con una certa spensieratezza, vi assicuro che esiste. Solo, a volte, è difficile da esternare, ma c'è. Dentro, si innesca sulla milza come un piatto fondo su uno piano. Ed esce lentamente, piano. Come la musica, di un piano. Ovviamente non esistono scuole attrezzate per questo tipo di risata, esitono però individui che, se comandati con elettrodi di zucchero grezzo disciolto nella birra non filtrata, installano decine di assi di legno chiaro sulle pareti di un determinato stato d'animo selezionato per tempo; inchiodano i fiori alle dita della mano sinistra e costruiscono, da soli, una situazione temporaneamente eterna di benessere passivo, in contemporanea alla nascita delle notizie scomode nella propria mente satinata. La risata perpendicolare non è compatibile con quella classica parallela, però ultimamente gli scienziati più distinti si sono inventati dei motori ecologici in grado di unire i due tipi di risata, solo al fine di produrre energia utile nel mondo della disabilità visiva. E' un ulteriore passo avanti della scienza esilarante, che però non va preso troppo seriamente; i passi avanti fatti di corsa aiutano a perdere il peso più serio del volto, ma in questo modo le risate perpendicolari (ma anche quelle parallele) se iniziano con una corsa, fanno perdere anche il fiato accumulato negli anni e portano lentamente, quasi come un guscio d'uovo, all'allontanamento della mimica più contrastata. Perchè le espressioni algebriche dei volti, a volte anche a botte, sono fondamentali alla nostra realtà architettonica quotidiana, proprio per non annullare il verbo dell'essere più metafisico.

sabato 5 gennaio 2013

Nonsense#141

Sette quattordici e il ventuno è di sotto.

Nove diciotto ventisette trentasei, prendi il tram che perderà lei.

Quattro e quattr'otto, i racconti di Giotto.

Nove per nove ottantuno monete, le più decorate ti tolgon la sete.

Tre sei nove, se scopri un bel giorno che il dodici è altrove.

Uno per uno per uno per uno, cambia le regole del mio digiuno.

Cinque dieci quindici e i venti scrivono i libri senza parenti.

Lo zero si sottrae ai colori del bosco e se moltiplichi i cerchi io non ti conosco.

venerdì 4 gennaio 2013

Nonsense#140

Così tu adesso, oppure prima, mi stai dicendo che - oppure mi hai detto che - puoi vedere un universo gelato e una nuova frontiera sotterranea completamente bianca? Che puoi rivoluzionare in una notte centocinquant'anni di tubi? Ricordo la primavera del 1938 ma oggi, con sei milioni di città, non riesco a seguirti nel mondo, nemmeno portando aria fresca direttamente nel tunnel, anche se a fasi alterne. Durante la costruzione di quel rigido condotto finito poi a caso, non hai esitato a presentarti in tribunale, per una ragione progettata in testa, trovando quello che cercavi: un rotolo di scotch. Con gli occhi futuristi e spezzati in nove parti microscopiche è come se io, in un punto chiamato B, avessi assorbito l'inflazione dei germi buoni e scoperto di avere a che fare con un programma di commissione. Non bere sgarri e non mangiare riferimenti, la lista è stesa e il davanzale scotta. Questo è il mio consiglio fisico, per non far tremare le foglie contro gli scudi. La lotta è un preavviso di tensioni e la bomba ha sacrificato la tela del latitante. Tu sei a conoscenza di tutto questo diritto al segno? O stai aspettando me, in media? Io che vivo di cerchi concentrici e pronte immagini ripiene di simpatie atone, in un carrello che tanto non potrai mai verificare. È una lettera d'amore rifilata a piombo? Ad esempio la T, come la tua faccia? Cosa stavo scrivendo prima di riconsacrare il colore del suo manto? Ora non ricordo gli effetti su di te di fianco a me sotto lui sopra l'altro fuori freddo dentro caldo a dicembre e viceversa. Smanio i più grandi scherzi truccati sul pianeta terra, specialmente sulle isole, dove ben presto mi farò sentire. Così tu tornerai? O tornerai a dirmi che lo sbadiglio è attivato e mi ha zittita già una volta, con le nuove frontiere sotterranee, tipiche del mal di testa amico? Riflessione occasionale o prestazione assenteista? Domani rispondo senza lasciar passare un giorno. O la mia parola.

giovedì 3 gennaio 2013

Nonsense#139

GIOVANE IMPRENDITORE CASCA SUL MOBILE IN PUBBLICO E ABBANDONA LA NAVE DEL PAESE: Non ce l'ha fatta a resistere di fronte al vaso rotto dell'anziana vicina, così G.B. ha preferito lasciare scoperta la fisarmonica sul letto di sopra, dipingendo i propri errori sul quaderno del figlio e gettando all'aria i denti del suo gatto. E' morto poco dopo, gridando a tutti che non ci avrebbe mai creduto. Dopo qualche secondo si è svegliato più giovane di sua madre, ha chiesto un caffè all'amarena e una crema solare senza protezione. Cont. a pagina 3.296.

mercoledì 2 gennaio 2013

Nonsense#138

Oggi devo molare. Posso anche dire che devo affilare un dente la cui massa, in grammi, è pari al suo peso molecolare. Tre azioni-definizioni in una sola parola che nasconde, nella sua origine, uno dei fattori economici meno tollerati. Molare1. Molare2. Molare3. Il tutto in un'unica frase. A che ora non si sa. Come farò? Sicuramente non camminando sotto la pioggia nella città delle scarpe, ma chiamando anche un solo telefono, sperando oltretutto che il proprietario non sia ad appiattire la neve da qualche parte del mondo. Fatto. Ma oggi non collabora, nè per almeno altri quattro giorni. Allora devo entrare nella stanza più disordinata della famiglia, a suon di violino per comodità e tradizione, sedermi, mostrare la plastica gialla che l'uomo dall'ordine personalizzato non guarderà, parlare, stupirmi di fronte ai suoi occhi gonfi e lucidi, avere in testa questo pensiero: "che schifo", controllare le parole scritte e stupirmi nuovamente, alzarmi ed uscire. Niente stretta di mano. Solo una rapida panoramica con l'esenzione dal giudizio scontato. Fatto questo potrò molare. Come fece il grande pittore Moretto nella sua via. Oppure nella gioielleria con la seconda lettera dell'alfabeto nascosta alla moglie del titolare; quel negozio oggi si trova di fianco alla casa del pittore e in quel negozio specifico per combattere la crisi si usa lo scooter di notte senza essere invitati, facendo un rumore tale da dover spegnere tutti i telefoni cellulari. Tornando alla dinamica dei fatti, oltre a molare credo che sanguinerò da un braccio, per la sicurezza, per sette volte, probabilmente in sette minuti e probabilmente alle sette di mattina. Ma tutto ciò non mi spaventa se il fine ultimo - che poi è lo stesso che è nato a piedi nudi il 21 settembre alle 21, durante la festa in musica svolta tra le mura - è verde come il profumo di un incenso alla cannabis. Una veloce descrizione della ricerca che porterà alla mia tranquilla sicurezza, è possibile con queste parole: giostra, retro, bolle, scambio, specchio, voce, esigenza, obbligo, determinazione, atmosfera, carenza e riempimento.

martedì 1 gennaio 2013

Nonsense#137

Uno dei miei buoni propositi per il 2013 è cambiare alcune regole della matematica.
Ad esempio già da adesso:

1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1=1.

Grazie a tutti, per davvero, ma eravamo e avevamo, oggi siamo e abbiamo. Sempre. Per almeno un anno nuovo. Allora, già, non proprio sempre, giusto il tempo che va dal presente matematico di oggi al futuro prossimo; come si fa generalmente con l'anno nuovo che sta per arrivare assieme alle addizioni più semplici, che poi è quasi sempre l'ultimo di quello che c'è stato.

Porgo, sorrido, accetto.