martedì 19 febbraio 2013

Nonsense#186

Quando arriva una notizia non del tutto composta, senza che noi ce ne rendiamo conto per la mancata parsimonia di colori, dipingersi le palpebre con due pensieri sottolineati, aiuta quasi sempre a fornirci un'eccessiva, ma mai troppa, astuzia di parola. Ed è quella parola che ci manca, talvolta, che ci suggerisce le giuste precauzioni, ad esempio nell'utilizzo della saliva. Non è detto, io credo, che le frasi si formino istantaneamente solo con gli occhi chiusi. Serve sempre almeno una misurazione parziale, che permetta di vedere gradualmente quello che il nostro io sepolto ci sta dicendo, gettando acqua gelida in un fosso ricamato a mano. Sono concetti limitati agli eccessi di colore naturale, non vanno estesi su tutta la lunghezza stellata che, puntualmente, ci ritroviamo a fissare con la lacca sopra i nostri capelli. Se attendiamo il treno della parsimonia, non troveremo mai il giusto equilibrio tra i valori parlati e quelli dimezzati. Viceversa, accantonando i convogli del terrore, possiamo investire totalmente nella fuga dal pericolo disorientato. Una palestra, se così la possiamo chiamare, di pesi e misure proporzionati al bianco puro. Steso e poi letto ad alta voce crea piaceri candidi che solo un'intenditrice sa percepire. Sette giri attorno alla sincerità faranno di noi persone intatte e polverose, evitando intoppi annodati al collo e distribuendo sul nostro cammino i pezzi più gustosi, da assaporare la notte assieme alle sostanze che, in passato, abbiamo considerato acerbe.