giovedì 18 aprile 2013

Nonsense#244

C'e' sempre un inizio ribaltato per ogni cosa che schiarisce la linea dell'oro sotto i nostri piedi sfiniti e c'è sempre chi ci insegna a controllare gli occhi di un esotropo. Sul tempo che piange si posano le ombre di due bicchieri e su quello che ride si riflette un muro dipinto tutto esaurito, che si riduce a scaglie sottili con il peso di una faccia distorta a causa dei rumori molesti. Poi una musica vola sopra le vette, spaiate, le uniche che si sanno sovrapporre durante le stagioni dei sentimentalismi, insieme alle rondini. Mani libere che rivogliono i denti e poi il pensiero comune:
"sono già le venti, e adesso?" "Dormiamo. Ssssccchhhh. Dormi." "Non posso." "Sì che puoi." "Senti: sssccchhhhh."
Si può disturbare un telefono a gettoni, ma noi siamo quelli
che vedono i cani al telegiornale, che pesano i baci senza contarli perché il tempo stringe le bocche, quelli che assaggiano il timore perché sentono il bisogno di un colore specifico, e non siamo contenti di rivedere il passato, passato al setaccio che arriverà come un the, bianco e nero. "Senza zucchero, grazie." Tu puoi immaginare quanto ho tolto da sopra la mia pelle, che nemmeno era da curare? La vedo ancora a distanza. E a me sembra del tutto normale che la fiamma sia ben cotta, o forse che si fotta, forse perché questa è una lettera in codice e chi lo dirà per primo dei due? Ho scritto sul mio letto un'incognita, la più giovane che potessi scrivere; la si può scoprire bagnandolo, al buio, oppure la si può bagnare scoprendolo, con la luce, per provare e muovere tutto, di me e di te. Mi rovescio la medaglia addosso, mi frantumo i capelli e mi immergo nell'ago che mi ha punto. Punto.