giovedì 25 aprile 2013
Nonsense#251
La giusta distanza tra le parole e l'infinito è determinata dalla capacità di capienza di una stilografica appoggiata sopra un foglio di carta riciclata, che utilizziamo generalmente per comunicare uno stato d'animo senza capire lo stato inanimato attuale delle cose. Ce lo dimostra chi denota un'intelligenza e un'intuizione acuta e perspicace (sagace) e tenta di sconfinare i soliti e poco ritmati limiti della prosopopea. Ma se questa teoria non è dimostrabile scientificamente significa che è falsa, se dimostrata realmente, pertanto non basteranno più solo un paio di fogli bianchi. Allora, partiamo dal presupposto di trovarci in un luogo pubblico, davanti ad una buona birra mai finita e di parlare il più possibile del meno. Cercando ovviamente di essere leggermente amareggiati, per poter dare successivamente un posto all'infinito. Chi parlerà per primo assaporando il testo scritto, senza che l'altro se ne accorga? I vecchi punti intersecati sui vecchi quaderni, fatti di anagrammi e usati per confondere la propria personalità, sono detti punti propri di tutti e di nessuno. Quindi, due rette parallele che vanno verso un punto, determinando un percorso algebrico pari alla vita di ogni individuo, per la geometria di nascita-vita-morte, non è vero che non s’incontrano mai, oppure che si incontrano in un punto all'infinito detto improprio di luogo; si incontrano perché una delle due prima o poi parla, specificando il peso del proprio foglio, ricoperto di lettere stese limitatamente.