lunedì 24 settembre 2012

Nonsense#38

Basta un cucchiaino da the a scatenare un'industriale rabbia nel disorientato e decaduto firmamento dei ricordi insospettabili: tanto gerarchico quanto artistico temporale di gocce solidificate e anoressiche, che vola basso e ulula silenzioso verso l'alto, cercando la chiave dei propri passi tra nuvole di proiettili ricostruiti in fretta. Correndo come in un castello di paglia idrosolubile occupato da cavalieri sepolti nel futuro prossimo. Eppure la nostalgia dei cieli sommersi nei piani sotterranei dei nostri rapporti guidati non è mai rivolta a persone di lunga durata (o quantomeno ricaricabili gratuitamente in appartamenti condivisibili), alla morte intrappolata nei lavandini oppure a fervidi paesaggi di taglienti scogliere parallele tra loro. Bensì a corse senza fiato verso parole su muri indipendenti e non pretenziosi. Non ci manca il nulla ma non troviamo il tutto quando nulla di animale provoca un'appiccicosa e semitrasparente nostalgia di chi abbiamo voluto trattenere nei polmoni, mandandolo lontano a nuotare nelle gelide acque dei giocattoli scomparsi, inchiodandolo sotto i nostri pavimenti; e le doppie somiglianze tra individui di sesso opposto non si annullano nello spazio verde tanto noto ma, anzi, ci confondono facendoci perdere tutte quelle energiche occasioni diradate nel tempo, passando attraverso un nostro ormai esaurito concetto di mai. Lontano da una cascata di materiali imbarazzanti dove l'uomo del futuro dipingerà da fermo la propria ombra scenica, l'adolescenza del pieno "sé" pesantemente rapportata al vuoto a rendere, mirerà a guidare a lungo sui tratti di strada più intuitivi e meno immaginari. Possibilmente fisici. E' lì che poi si tornerà a quel ricordo poco rotondo ma molto inabissato; un'immagine distorta simile alla velocità di un felino tolto dal suo habitat di rettitudine. Ed è in quel paesaggio lastricato di esempi fuori luogo e nell'inquietudine mai modificata che troveremo una razionale, metafisica, sudata e servizievole sfiducia nella società. Quella società da tempo abusata da nostalgici e gelosi abitanti di paludi presto dimenticate, coltivati in tempi brevi e volutamente consumati acerbi, con lo stesso cucchiaino da the utilizzato in partenza.