martedì 15 gennaio 2013
Nonsense#151
La problematica degli stadi di gelosia (che non è la gelosia degli stadi, n.d.a.) è una questione da non sottovalutare quando si esprime un concetto sostanzialmente falso, atto a confondere chi abbiamo di lato, mentre organizza una festa per numeri pari. Non si tratta solo di un inquinamento propedeutico di stampo pseudo-uditivo, o di sceneggiate in capoluoghi a caso, che prendono il posto di notti fortunate e ritardatarie (quando ben riuscite e cioè mai); qui stiamo parlando di corrosione della civiltà vagante - camuffata in arte da quasi due mesi - e di operazioni sensoriali a più ripetizioni. C'è chi costruisce, capovolgendolo, lo stadio di gelosia solo per dispetto, chi invece emette suoni di tifo spropositati solo per emergere dal proprio buco in gola, altri ancora si stirano le corde vocali più efficienti verso la parte opposta di un campo, esasperando il proprio partner già intento a trattare la partita di merce, trasferitasi peraltro da uno schermo all'altro del mercato. Poi i capitani di porto, quelli ricchi di polifosfati, ancora si stupiscono perché non riescono a barattare le trombe d'aria: il perché è semplicemente uno. Non sono adatti agli stadi di gelosia, non capiranno mai la golosità degli studi e il tifo per loro è cosa sconosciuta, la voce non possono sentirla, né tantomeno respirarla e ringraziarla. La conformazione di alcuni toraci é estremamente complessa e quindi, per poter insegnare (a chiunque voglia collezionare i mattoni sostitutivi per la costruzione di uno stadio di gelosia) l'iter progettuale aggravato, diventa necessaria la perdita del campo nel campo e la fuga della traccia meno riuscita, innalzata all'ennesima potenza spirituale. Meno riuscita, è vero, ma molto simile a qualcosa di già prodotto industrialmente, come un secondo tentativo vocale conservato gelosamente perché considerato erotico.