Quanti anni hai? Talvolta. Dove abiti? A dicembre. Sei disoccupato/a? Bianco. Hai paura? 13. Fratelli o sorelle? Raramente. Diploma o laurea? 1982. Come vorresti chiamarti? Dipende. Come vorresti tornare? Mare. Marte. Martedì. Posso continuare con le domande? Rosso. Ok. Fine dello stato attuale.
Questo era un esempio di uno dei test a crocette universitari di fine secolo. Io, al tempo, ho risposto correttamente a tutte le domande, dalla prima alla terza, invertendo il senso delle risposte brevi. Infatti mi hanno presa subito, inserita perfettamente senza obbligo di risposta o di assenza. Solo l'obbligo di acquisto. Al momento sto ancora frequentando il test, leggendolo a giorni alterni; farò così fino a giugno, dopodiché sveglierò le piantine grasse che sostano senza sosta sulla finestra della camera e partirò per un lungometraggio. Altro che università. Quella serve solo a filtrare le bevande gassate, a sbriciolare panini imbottiti di esplosivo e a svuotare intere cisterne di allergie primaverili. Non è una critica, è una cripta, l'università. Unidiversitá; con la differenza universale tra lo studente modello e quello di carta. Il disegno perfetto, insomma, per creare abitazioni di lettere, costellazioni di numeri primi e sfumature di colori complementari da cavia. Per poi sciogliere tutto in un'unica soluzione alcalina ed usarla successivamente per umidificare la mia camera in mansarda. Finito l'anno (che già è iniziato tempo fa, con il passo dinamico dei vagabondi) tornerò a fare quello che, in gergo domestico, viene definito come "il cammino della tovaglia." Determinazioni nervose ormai appiattite prenderanno il sopravvento e si scatenerà l'indole più pungente, così secondo l'oroscopo mite, quell'indole analogica che - si spera - depositerà sul mio soppalco varie tipologie di radiografie, accumulabili, impilabili e autogestite.