domenica 30 dicembre 2012
Nonsense#135
Con il naso gelato fino a far scoppiare lo stomaco rovesciato, ti ho chiesto: "Ma i fanti sanno ballare?" Con la testa fluttuante nel verde smeraldo, tu mi hai risposto: "Se non succede ora, non succederà mai più." A quel punto ho capito che saremmo corsi in acqua a raccogliere i minuti della distanza; li avremmo filtrati con gli intrugli meno fidati, assieme al respiro del fumo; incontrato uomini e sfiorato donne fissati con le ruote che portano a nord ovest, in cerca di comunità passeggere. Poi avremmo riempito la piccola stanza che ci conteneva, con farfalle alternate ed altri tipi di insetti funzionanti, inondata di chiavi accordate che non erano ancora pubbliche. Ma erano già mie. Ci saremmo domandati se la destinazione che rideva in contemporanea alle luci spente ai lati del motore fosse quella giusta; avremmo accolto il mutismo interiore e cacciato quello più esterno con la stessa risata che partì già tempo prima da sotto la terra. Ci saremmo persino scambiati le mani come se una bambina mai nata ce l'avesse chiesto. Non avremmo avuto paura delle felci o dell'edera, dei parenti o dei cammini. Non avremmo più pensato a ciò che volevamo pensare senza riuscirci, a causa dei nostri pensieri comuni. La facilità sarebbe stata d'aiuto. Io lo sapevo, tu non ancora. La difficoltà che non c'era avrebbe ereditato nel giorno successivo un tesoro da non gettare mai via. Saremmo giunti, carichi di brividi, all'accordo di raccontarci le parole lasciate nella valigia più grande, semplicemente perché andava bene così. Avremmo inventato un nuovo concetto di filosofia di scambio, al tavolo di un ristorante con le porte rotte, mentre le pareti cambiavano colore. Non ti avrei domandato nulla anche se la ragazza con i capelli corti diceva che avrei dovuto. Anche tu. Da sotto. Sublime.