lunedì 31 dicembre 2012

Nonsense#136

"Ma io non voglio andare fra i matti!" disse la bionda al felino bicolore. E lo stesso dico io quest'oggi al bianco capitano, pazzo, sintetico e disarmato. Se il 31 dicembre cade in testa ad una festa come una mela su una ragnatela, allora sarà necessario riordinare le idee al più presto, per poter ottimizzare le tempistiche delle occupazioni più divertenti e rialzate; quelle che non sono ancora venute a galla solo perchè ci sono venticinque minuti di statale da percorrere, senza contare l'errore finale che ti socchiude le palpebre per la troppa luce; una luce a tre, simile a quella primaverile. Le occupazioni che, insomma, necessitano di fantasia e bottigliette da 15 ml, pagate con la carta di credito che, se non c'è, la si compra con la carta di credito di qualcun altro. E poi il 31 dicembre si parla anche di punture che fanno ridere, che ci lasciano il segno, indelebile; di passate di spugna che non servono affatto a cancellare i ricordi, anche perchè non esistono più, ma semplicemente a lavare con la cannuccia gli strati più esterni, quelli che diventeranno un quadro di Klimt. Il 31 dicembre è anche un vaso di carta, secca, pieno di fiori, freschi. Una pozzanghera asciutta che, quindi, non si vede nemmeno dal terzo piano. Il 31 dicembre dice ciò che il 30 non ha mai detto a nessuno, nemmeno al 29; oppure ciò che il 28 precedente assicura al 30 del mese successivo: la tranquillità delle bocche chiuse, delle parole sempreverdi nascoste sotto gli aghi di pino, dei sorrisi a metà che si confondono con le foglie morte, dei capelli grigi e di quelli caduti, delle unghie laccate e dei pranzi non consumati. Dei letti fin troppo disfatti. Delle museruole attaccate ai ganci sui muri. Il 31 dicembre assicura una lancetta sull'altra, almeno per un giorno (che è poi il primo giorno dell'anno). Il 31 dicembre assicura anche un'andata e un ritorno coi fiocchi costanti e pettinati, di quelli che ti lasciano un gusto che mai, in nessun altro giorno dell'anno passato, avresti saputo assaporare. Perchè aspettavi, senza volerlo. Perseveri e arrivi, ultimo.