giovedì 4 ottobre 2012

Nonsense#48

Ogni volta che salgo le scale per prepararmi la testa vedo le stelle. Forse perché il pittore che abita al piano sopra, ormai demolito, si dimentica di staccare la spina, può essere. O forse non chiude i lucernari pieni di pigmento e in tal modo io, puntualmente attorno alle 12:47 massimo 13:31, mi faccio male senza chiedere il consenso di nessuno. Tanto ho saputo che è cambiata la legge e ora il permesso non è più necessario per entrare. E nemmeno se mi passano l'arcobaleno sulle braccia, nemmeno se mi fanno sedere nel pieno della tempesta, nemmeno se mi giurano una ricompensa per le foglie perdute a settembre, no... In nessun caso cambio posizione. Sono talmente tante le monete raccolte che chiedere loro di ritornare in cella sarebbe una follia gratuita. Oltretutto con le ginocchia doloranti; è come chiedere ad un copriletto di proteggere un abito da sera, magari al cinema. O a teatro. Il secondo e penultimo atto è pieno di sentimenti passati direttamente dalla pancia al collo; ed è con il vento contrario che ci fa attendere sui pianerottoli della gente benestante, tutto sommato troppo distante, che ci ritroviamo a perderci come le pulci. Di chi poi? A me e a te. Ovvio. Già, se non l'avevi capito ora lo capirai. Non compromettere i meccanismi che servono ai cosmetici per coprire le incertezze moltiplicate da giorni. Giorni passati a respirare con le giunture appoggiate sotto le panchine devastate dai treni. Salire e scendere in continuazione per fare finta di truccarsi gli organi interni, pronti per il pubblico che grida vendetta, dicendo alle proprie madri che sono forti almeno quanto un fiore ornamentale legato con lo spago ai pensieri più dolci. Che sono sempre quelli più richiesti da tutti.